Il pittore russo Vasilij Kandiskij (1866-1944) fu il principale precursore all’arte Astratta del Novecento. Come teorico dell’arte, fu il primo ad eliminare l’oggetto di pittura dalle sue opere, liberando il colore dalle forme e dai tratti che raffigurano il soggetto in un’opera d’arte.

Le sue pitture giocano quindi su cromatismi che non più “imprigionati” nelle forme di un soggetto rappresentato, sono liberi di fluttuare all’interno della rappresentazione su tela, assumendo forme mai viste prima ad ora.

Vasilij Kandiskij nacque a Mosca nel 1866, e dopo diversi anni passati a studiare economia politica e legge, decise di passare in un tutt’altro mondo: quello della pittura. Nel 1896, si trasferì quindi a Monaco in Germania con il solo scopo di acquisire le tecniche e le nozioni dell’arte pittorica.

I suoi primi lavori furono ben lontani da quel suo stile oggi noto a tutti. Nelle prime opere si possono riscontrare tutte le influenze pittoriche con cui l’artista approcciò nel mondo dell’arte: Arte Nouveau, l’arte popolare Naïf russa, e l’Impressionismo. Saranno infatti queste le basi su cui poi svilupperà il suo stile unico e all’avanguardia.

Ma con il passare degli anni, nel periodo che va dal 1900 al 1910, Kandinskij comincia ad intraprendere un percorso artistico che lo porterà ad allontanarsi gradualmente dall’arte oggettiva. Sarà la parte cromatica che assumerà al suo posto la sua principale componente espressiva, portando l’eliminazione del soggetto del quadro e formando le basi per l’astrattismo.

Fu comunque solo nel 1913 che l’artista si liberò definitivamente del mondo fisico e delle sue rappresentazioni artistiche, creando serie di opere come le Composizioni e le Improvvisazioni. In queste pitture totalmente astratte, le prime al mondo di questo genere, i tratti ed i colori fluttuano liberamente sulla tela in strutture ritmiche prive di qualsiasi forma oggettiva. Ma allo stesso tempo conservando quella carica emotiva che le opere artistiche debbono suscitare in chi le osserva.

Nel 1914 il pittore fu obbligato a lasciare la Germania per ritornare in Russia, a Mosca. Ritornò poi nuovamente in Germania nel 1921, per poi nel 1933 emigrare definitivamente in Francia, a Parigi a causa della sua “arte degenerata” non amata dal nuovo regime nazista. Visse nella capitale francese fino al 1944, anno in cui morì.